< Cortine di Ferro: Presentazione "Cortine di Ferro".

Cortine di Ferro

Poesia/ E’ il mondo l’umanità/ La propria vita/ (Ungaretti, COMMIATO; da L’Allegria, 1916)

venerdì, aprile 13, 2007

Presentazione "Cortine di Ferro".

Pubblico di seguito alcuni links ad estratti video dalla presentazione del libro, occorsa a Moscufo (Pe) all'interno della rassegna letteraria "il bello dell'arte".

1. Incantesimo



2. Jimmy Page (grazie Assunta!!!)





"Il bello dell'arte"


Prosegue la rassegna moscufese alla scoperta della “creatività sommersa” nel territorio cittadino. In scaletta l’incontro con Alessandro Vella, ventottenne, autore della silloge poetica “Cortine di Ferro” presentata nella serata del 29 dicembre all’attenzione di una platea vivace e coinvolta.

E’ tempo di bilanci per questa prima edizione, che incassa successi e già guarda al futuro; bilanci che attengono soprattutto al dato esperienziale dei vissuti dei protagonisti che via via sono andati raccontandosi, inducendo pertanto l’interrogativo, che dà l’avvio al dibattito con l’autore, circa la necessarietà di “emigrare” dal contesto urbano moscufese per potersi realizzare come individui e soggetti attivi, dando voce alla creatività e alle attitudini professionali proprie a ciascuno.

L’autore si sofferma sul ruolo dell’interazione tra sensazioni, attitudini che si sente di poter spendere e opportunità offerte dal territorio, sottolineando come la scelta di allontanarsi dal paese natio non sia predeterminata all’urgenza creativa ma solo un effetto della stessa.

L’esperienza di “Portico 47”, laboratorio poetico cui A. Vella prende parte a Roma, è una felice metafora esplicativa attraverso cui l’autore è riuscito a manifestare la sua esigenza di prossimità alle diversità e all’altro in un contesto di multiculturalità e pluralismo tali, che solo una metropoli è in grado di contenere ed esprimere.

Il piano delle considerazioni si da corpo e sostanza attraverso un viaggio intenso e partecipato a monte delle “Cortine” e a ridosso delle stesse, nel racconto personalissimo di pagine di vita scritte a quattro mani con l’adolescenza, ripercorsa nei suoi tratti salienti fino alla fonte stessa dell’urgenza poetica, nella ricerca ossimorica di una parola capace di epifanie e latenze, di apparizioni e nascondimenti, “parola che (ri)vela –suggerisce l’autore- capace, cioè, di velare… in termini!”.

“Cortine di Ferro” è un rifiuto della parola stessa, intesa quale elemento misterico e mistificante, asfittica per un’adolescenza timida e fremente, capace di raccontarsi ma in una maniera tanto intima da coprirsi, in realtà.

L’indagine dell’altro nella relazione, il desiderio di manifestarsi. E la parola, che dovrebbe farsi tramite, veicolo, difetta venendo meno alla “convenzione”, tradendo le aspettative, perducendo l’individuo a una diversa logica fenomenica secondo cui l’atto (poetico) non rivela l’uomo ma si fa, anzi, coltre, tegumento, in sintesi: negazione, nell’esperienza di sottrarsi all’altro rifugiandosi in una solitudine, che non fa male se addiviene a “luogo mistico” della propria creatività.

I diversi interventi in sala segnalano una viva curiosità intorno alle problematiche esposte dando piena conferma di quell’universalità di cui è capace il verso poetico, al di là della mera cognizione di senso, nelle reazioni alchemiche tra le parole e le suggestioni che pur riescono a disinnescare nei vissuti con cui interagiscono: lasciarsi percepire, più che lasciarsi comprendere, in una dinamica di approssimazioni giocate sul piano variabile della sinestesia.

La parola oltre il suo significato, la parola oltre la sua stessa appartenenza linguistica: la parola si fa “fonema” nell’esperienza simbolistico-espressionista, che ha giocato un ruolo fondamentale nella formazione di A. Vella, e “il fonema –dice l’autore- ha quella componente di “fonos”, che è suono e che crea un’attenzione incredibile intorno a tutto ciò che è in grado di conferire un dato di musicalità e ritmicità all’elemento poetico”.

E allora, al pari della musica che è capace di solleticare l’emotività anche di chi non è in grado di leggere un pentagramma, la poesia può “percepirsi”, entrare in risonanza col vissuto di ognuno, in un gioco di sensazioni (molto più che di senso!) che non ha bisogno di vocabolari e parafrasi.